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Storie Genuine

Latteria Sociale di Tabiano e il Parmigiano Reggiano

Cronistoria di un formaggio DOP italiano

La storia del Parmigiano Reggiano inizia da lontano e trova tracce anche nel Decameron, ma serve andare con ordine e definire tutti i passaggi fondamentali della creazione e mantenimento di una delle eccellenze italiane.

L’inizio certificato: Parmigiano e monastero

Il Medioevo è il punto d’inizio dove monaci cistercensi e benedettini realizzano un prodotto capace di durare nel tempo, con una forma ampia e dalla pasta asciutta.

Gli ingredienti essenziali sono il sale delle saline di Salsomaggiore e il latte delle mucche delle grangie. I monaci iniziano così la produzione di questo prezioso prodotto capace di conservarsi nel tempo e offrire un gusto meraviglioso.

L’espansione del Parmigiano

L’avvio dei commerci tra diverse zone permette al prodotto di iniziare ad espandere la propria notorietà e raggiungere territori che oggi riconosciamo come Toscana, Piemonte e Romagna.

Le pianure reggiane e parmigiane, grazie alla perfetta struttura del territorio e condizioni climatiche, acutizza la produzione creando forme di grandi dimensioni capaci di sfiorare i 18 kg.

Le vaccherie si ampliano grazie all’integrazione della lavorazione del latte, il caseificio diventa un polo produttivo ed economico.

Grazie all’espansione, i cuochi iniziano ad utilizzare il particolare ingrediente e i commercianti formaggiai esportano il prodotto sino a raggiungere Germania, Francia, Spagna e Fiandre.

Tutela e denominazione del Parmigiano DOP

Il Duca di Parma Ranuccio I Farnese decide di tutelare la produzione e rendere ufficiale la denominazione d'origine mediante atto datato 7 agosto 1612. Nel prezioso scritto si elencano punti salienti e luoghi specifici da cui deve provenire il formaggio per potersi chiamare “di Parma”.

Le prime produzioni del Parmigiano Reggiano

La storia del Parmigiano Reggiano trova la propria collocazione in una particolare zona dell’Italia, dove diverse componenti ambientali e strutturali hanno permesso di creare l’habitat ideale per il Parmigiano Reggiano di origine certificata.

Le qualità e proprietà nutritive e organolettiche del prodotto proveniente da questa particolare varietà sono di livello eccellente, difficili da eguagliare, quasi impossibile da replicare.

La storia del caseificio di Tabiano

Ascoltando le storie che raccontano l’inizio del caseificio è un po’ come essere catapultati indietro nel passato, quando la vita rurale e contadina era il fulcro del paese, i ritmi erano dettati dalle diverse lavorazioni indispensabili per le diverse attività, quando nelle industrie era la forza umana ad avere la prevalenza e la tecnologia unita ai macchinari automatizzati erano sogni - quasi - irrealizzabili.

Chi ha vissuto l’epoca racconta che a tavola si parlava di come mungere la vacca, di come migliorare il prodotto, di come creare la forma perfetta.

La tradizione al museo del Parmigiano Reggiano raccontano storia di vita vissuta di chi in quel contesto è cresciuto diventando uomo e imparato l’arte della produzione del formaggio a marchiatura DOP.

Il caseificio di Tabiano era il fulcro di diverse attività, con il tempo si era trasformato in un vero e proprio villaggio dove ogni cosa era al posto giusto, diverse realtà collaborano per realizzare un qualcosa di unico e spettacolare.

Qui, là e giù in fondo

Ripercorrere la dislocazione logistica è un qualcosa di affascinante che dimostra quanto ciò che oggi consideriamo un semplice prodotto, un tempo era il centro di una comunità. Al centro del villaggio era posto il caseificio e davanti ad esso una piazzetta, che strizzava l’occhio all’osteria, all’officina del fabbro.

Erano presenti anche il fienile e le stalle con le porcilaie che, nonostante l’immenso cortile, di tanto in tanto offrivano agli abitanti l’odore di natura, magari non esattamente romantico e invitante, ma anche questo fa parte della natura. Il caseificio era composto da tre diverse aree: la latteria, la sala cottura e il burrificio dove su grandi tavoli si confezionava il burro.

Lì vicino si ergeva un elemento grande e imponente, era il generatore di vapore che, azionato a carbone, permetteva di scaldare l’acqua necessaria per la cottura del formaggio. Al di sotto, i salatoi per far riposare il prodotto così da garantire la giusta conservazione.

Lavorazione del formaggio e tempi

Il momento in cui il caseificio proliferava di vita era il mattino, quando si eseguivano le prime indispensabili lavorazioni. Tutto doveva scorrere senza intoppi, così da creare un prodotto perfetto senza la minima sbavatura.

Il latte giungeva al caseificio sociale la sera e all’alba, il casaro aveva il compito di distribuirlo nelle bacinelle distinguendo la provenienza poiché alcune commesse giungevano da cascine con il latte grasso e serviva pulirlo per creare una materia prima omogenea.

La procedura doveva rispettare un iter specifico: controllo, raccolta nelle bacinelle, aggiunta di innesto e definizione dei tempi della cagliata che, a seconda di diversi elementi - tempo, umidità, stagione e alimentazione delle vacche - subiva numerose variazioni.

Successivamente avveniva la verifica dell’acidità dove il casaro utilizzava tutta la sua esperienza per identificare eventuali odori cattivi e regolare l’acidità del prodotto con l’aggiunta o la riduzione del siero.

La spillatura della cagliata avveniva con rami di biancospino per poi essere sostituiti con fili metallici, e continuava sino alla comparsa di floculi bianchi, significava aver raggiunto la temperatura impostata in partenza e solo in quel momento si blocca la cottura. Terminata la cottura si procedeva con la messa in fasce e spostare le forme nel salatoio, dove avrebbero riposato per almeno 20 giorni.

I due parmigiani

La natura era un elemento fondamentale e permetteva di creare diversi prodotti. Il Maggengo veniva prodotto dal 1 aprile all’11 novembre, il Vernengo da San Martino sino alla fine di marzo.

Il caseificio era in piena attività solo quando il latte era presente in grandi quantità e veniva sospeso durante i rigidi inverni poiché le vacche producevano poco latte e il processo diventava eccessivamente lungo, perdendo di qualità.

Un tempo infatti le stalle erano molto meno tecnologiche rispetto ad oggi, e serve ricordare che la tecnologia applicata era solo un lontano miraggio. Anche il numero dei capi era ridotto se paragonato ai tempi moderni, di conseguenza è facile comprendere perché le produzioni avvenivano in particolari e precisi periodi.

Oltre al Parmigiano Reggiano

Al caseificio sociale di Tabiano diverse altre produzioni hanno preso piede, tra cui il burro che diventa un perfetto strumento per utilizzare al meglio l’ingrediente latte. Diverse versioni in base alla stagione: candido bianco d’inverno, giallo paglierino in primavera quando le vacche si cibavano prevalentemente di erba.

La produzione avveniva con strumenti che oggi consideriamo spartani come la carta oleata e il divisorio dei panetti in legno massiccio.

L’impacchettatrice per il burro ha visto luce solo dopo la guerra quando l’industria inizia a muovere i primi passi e prende piede anche nelle realtà contadine.

Durante la guerra era la ricotta, ottenuta dal siero del formaggio, ad essere fiore all’occhiello. Buona e gustosa, raggiunse le tavole per via dell’estrema necessità e nutriva allo stesso tempo anche gli animali, così da limitare l’acquisto di mangime.

Porcilaia e ghiacciaia completavano il villaggio del caseificio dove la gente viveva indisturbata nel pieno rispetto dei tempi della natura.

Il magazzino del caseificio

Facile immaginare il caseificio, o meglio il villaggio che con il tempo si era costruito tutt’intorno.

Anche il magazzino era un luogo simbolo, qui venivano conservate le forme per procedere con la stagionatura.

Là dove un tempo c’erano scuderie e carrozze, con il tempo si sono insediate strutture atte ad ospitare forme più o meno pregiate.

Ridotta la zona dedicata al pollaio e alla porcilaia, il magazzino ha preso un ampio spazio all’interno della roccia.

Le forme si tingevano di nero utilizzando un mix di farina, olio e terra per proteggere la crosta dalla comparsa di muffe ed evitare costanti pulizie da effettuare manualmente. Il battitore era un’altra figura simbolo che, forte della sua esperienza decretava la stagionatura ed esaminava ogni singolo pezzo.

Davanti al compratore elencava le specifiche qualità “solo” ascoltando il suono che la forma produceva, con un ago esaminava l’interno e concludeva la vendita.

Il Parmigiano Reggiano e l’asta

Succede davvero, la casa d’asta londinese Giverny, ha messo all’asta un’intera forma di Formaggio dal 27 ottobre al 6 novembre 2022. Il prodotto è un pezzo unico poiché risponde a lunghi tempi di stagionatura e sviluppando aromi unici e sapori incredibili.

La forma ha visto la luce ad aprile 2000 nella latteria sociale di Tabiano che all’epoca era ancora gestita da Erio Bertani. Questa è stata una delle prime forme a ricevere una certificazione speciale: “Prodotto di Montagna – progetto Qualità Consorzio” assegnata dal consorzio Conva, responsabile delle produzioni dell’Appennino.

Erio Bertani ha conservato la forma sino al 2018 presso i propri magazzini, la moglie e i figli hanno poi scelto di darla in beneficenza per onorare la memoria del marito.

Una forma di 21 anni che si ipotizza abbia un colore ambrato, un gusto marcato e un profumo indescrivibile, probabilmente anche le qualità del prodotto sono caratteristiche uniche che con il tempo hanno incrementando il proprio valore.