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L’evoluzione del concetto di benessere animale

L’evoluzione del concetto di benessere animale

Benessere animale: approfondiamo questo concetto importante

Il tema del benessere animale è oggi al centro del dibattito pubblico e delle scelte dei consumatori. Non si tratta più soltanto di una questione tecnica o produttiva: la qualità della vita degli animali allevati condiziona non solo l’efficienza dell’allevamento, ma anche la percezione etica e sociale dei prodotti di origine animale.

Per approfondire questo argomento lasciamo la parola al professor Giuseppe Bertoni, docente emerito dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e presidente della Fondazione Invernizzi, che da decenni si occupa di fisiologia e nutrizione animale.

Dal benessere come efficienza produttiva alla sensibilità etica

Negli anni ’70 e ’80 il concetto di benessere animale era già presente, ma con una finalità soprattutto produttiva: ridurre lo stress degli animali significava ottenere più latte, migliore fertilità e maggiore longevità delle bovine. Già allora si parlava dei rischi fisiologici e metabolici legati a condizioni di allevamento non adeguate.

Con gli anni ’90, l’ingresso del movimento ambientalista e animalista ha accelerato il dibattito, spostando l’attenzione dal solo rendimento alla qualità della vita degli animali. Secondo Bertoni, questa pressione ha contribuito a introdurre checklist e protocolli nazionali per il benessere animale, come quelli oggi richiesti dal Ministero, ma spesso ridotti a un approccio troppo burocratico.

Le checklist non bastano: servono parametri oggettivi

“Superare una checklist non significa automaticamente garantire benessere” – spiega il professore.

Il rischio è ridurre un concetto complesso a una semplice somma di indicatori. Per questo già nel 1999 il gruppo di ricerca di Bertoni aveva sviluppato un “sistema diagnostico integrato”, che prendeva in considerazione non solo le condizioni ambientali, ma anche parametri fisiologici e metabolici: fertilità, longevità, salute, qualità del latte e assenza di patologie come le zoppie.

In altre parole, il benessere animale non si misura solo osservando le strutture o spuntando caselle, ma verificando lo stato reale dell’animale con criteri oggettivi.

Il ruolo della produttività: un equilibrio difficile

Uno dei punti più controversi del dibattito riguarda la correlazione tra benessere e produttività.

Secondo Bertoni, non può esistere un’alta produzione senza benessere: una vacca che produce 40 litri di latte al giorno, per esprimere il suo potenziale genetico, deve avere accesso a corretta alimentazione, cure veterinarie, ambienti sani e gestione adeguata.

Il paragone è con gli atleti: per raggiungere prestazioni elevate servono allenamento, alimentazione equilibrata e salute. Tuttavia, il professore riconosce che oltre certi limiti la produttività può diventare un problema, e che serve sempre valutare la situazione nel suo complesso.

Pascolo: realtà e miti

Uno degli argomenti più dibattuti è il ritorno al pascolo come condizione ideale.

“L’immagine della vacca felice nel prato fiorito è spesso un’illusione”, sottolinea Bertoni.

Nei sistemi intensivi, le bovine ad alta produttività rischiano di non trovare foraggio adeguato o acqua sempre disponibile, senza contare i problemi di parassiti e predatori.

Questo non significa negare il valore del pascolo, ma ricordare che non sempre garantisce le cinque libertà del benessere animale e che, anche in natura, esistono limitazioni e sofferenze.

Il nodo etico: la separazione dei vitelli

Uno dei temi più delicati riguarda l’allontanamento precoce dei vitelli dalle madri, pratica comune negli allevamenti da latte.

L’opinione pubblica fatica ad accettarla, ma secondo Bertoni si tratta di una scelta che ha motivazioni sanitarie e produttive: riduce il rischio di patologie e facilita la gestione della lattazione.

Rinviare la separazione, spiega il professore, potrebbe sembrare più “naturale”, ma alla fine renderebbe il distacco ancora più traumatico sia per la madre che per il vitello. “È una questione etica complessa – afferma – ma il bilancio complessivo porta a ridurre il tempo di contatto”.

Verso un concetto più avanzato di benessere animale

Oggi il dibattito non si limita più ad evitare sofferenze, ma cerca di capire se gli animali possano vivere in condizioni di benessere positivo, cioè non solo senza dolore, ma in una condizione assimilabile a una forma di “felicità”.

Per arrivarci serve ricerca scientifica, trasparenza e dialogo con i consumatori. Gli allevatori non possono permettersi fratture con l’opinione pubblica: l’accettabilità sociale degli allevamenti dipenderà dalla capacità di dimostrare con dati oggettivi che il benessere animale è una priorità reale e non solo formale.

Benessere animale: i pilastri fondamentali

Il concetto di benessere animale è in continua evoluzione, in particolare:

  • dagli anni ’70 ad oggi è passato dall’essere un requisito produttivo a un tema etico e sociale;
  • le checklist ministeriali hanno introdotto standard, ma non bastano senza parametri scientifici oggettivi;
  • produttività e benessere non sono opposti, ma facce della stessa medaglia;
  • temi delicati come il pascolo e la separazione dei vitelli richiedono maggiore comunicazione e ricerca;
  • il futuro passa da un approccio integrato che unisca etica, scienza e trasparenza verso i consumatori.

Il benessere animale non è più un concetto accessorio, ma un pilastro per la sostenibilità degli allevamenti e per la fiducia dei cittadini nei prodotti di origine animale.