Storia del manzo
Uru: il manzo di Neanderthal
Tutti abbiamo un antenato. Anche il manzo ne ha uno e si chiama Uru. Aveva dimensioni di tutto rispetto e già allora veniva cacciato, anche se in modalità differenti da quelle odierne. Da esso venivano ricavati tagli di carne che poi venivano cucinati dalle donne del villaggio.
L’India è la prima regione nella quale apparve questo antenato circa 2 milioni di anni fa per poi raggiungere lentamente il Medio Oriente, l’Asia, l’Europa ed infine l’Africa settentrionale.
L’espatrio verso le Americhe avvenne, dunque, in un secondo momento, quando i popoli europei scelsero di scoprire il Nuovo Mondo. Gli insediamenti oltre oceano comportarono anche il cambio di abitudini dei nativi del luogo, che così iniziarono ad alimentarsi con la carne di manzo e introdussero gli allevamenti di animali. L’evoluzione americana seguì successivamente lo stesso andamento europeo e, con essa, si introdussero nuovi metodi di cottura, tra le quali la più gettonata divenne senza dubbio la carne alla brace.
Facendo un rapido salto di qualche millennio, oggi con il termine manzo è uso comune definire la carne di bovino, generalmente un maschio castrato e macellato entro il quarto anno di età. L’antenato, tuttavia, aveva dimensioni fenomenali, misurava due metri al garrese e aveva corna enormi: meccanismo di difesa personale per un animale ai tempi selvatico. Con l’evoluzione dell’uomo, anche il manzo ha subìto dei cambiamenti diventando più docile e domestico e perdendo molte delle caratteristiche primitive.
Seppur arrivato nelle Americhe in una fase successiva rispetto a quella europea, la carne di manzo ed il BBQ godono di un enorme successo oltre oceano. Anche a livello televisivo sono nati programmi specifici e dedicati che insegnano e divulgano la carne alla brace come una vera e propria arte. Per replicare la cottura alla americana è necessario avere un bel barbecue e la carne migliore: la Bovì BBQ Box contiene i tagli di carne ideali per avvicinarsi all’arte, proprio come gli americani.
L’addomesticamento
Le tracce storiche raccontano un addomesticamento iniziato in Turchia circa 8-10.000 milioni di anni fa, in cui l’animale così come lo conosciamo oggi, veniva utilizzato sia come bestia da lavoro sia come approvvigionamento di carne. In seguito alla migrazione l’animale ha subìto una sorta di evoluzione trasformandosi a seconda delle necessità. Insomma, un po’ come l’uomo, anche l’Uru si adeguò all’ecosistema in cui fu catapultato.
Se in Turchia si sviluppò la razza Auroch Taurino (privo di gobba e con dimensioni leggermente ridotte rispetto all’antenato), nella regione indo-pachistana dove le necessità del territorio erano differenti, l’evoluzione dell’animale non eliminò la gobba poiché i bisogni del luogo erano differenti ed era più simile ad uno zebù così come lo conosciamo oggi.
La forza lavoro e i tagli di carne erano parte integrante della necessità di addomesticare questo animale che, sommata alla capacità di ricavare il latte, permetteva un ricco sostentamento durante le migrazioni che raggiunsero l’Europa.
Successivamente l’uomo ormai evoluto scelse di ridefinire la razza allevando specie particolari e mettendo in atto una sorta di mutazione. I primi sintomi di questo evento si notarono in Francia, regione in cui si svilupparono sottospecie particolari destinate alla produzione di alimenti specifici. Alcuni di questi alimenti oggi godono della denominazione DOP, proprio perché vengono prodotti nel pieno rispetto di un protocollo specifico. Così, grazie alla capacità di raffinare la razza e introdurla in un ecosistema specifico, la Francia ancora oggi produce alimenti specifici come il burro di Normandia, il formaggio della zona Franca-Contea e la carne di Charolais.
Altro esempio di produzione tipica regionale, ma questa volta dal Giappone, è la carne di wagyu che per essere definita tale ed acquisire l’enorme prestigio di cui gode deve rispettare una rigida procedura di produzione e di allevamento.
La svolta inglese
Il XVI secolo segna un’altra virata verso la varietà della specie, messa a punto dal popolo anglosassone e americano che diedero vita ad alcune razze presenti ancora oggi.
Con l’espandersi dell’agricoltura si iniziò ad avere la necessità di allevare in cattività gli animali per la macellazione. Essendo un’attività ancora agli esordi a quei tempi, si preferiva sfruttare al massimo le capacità di resa che le bestie offrivano per poi condurli alla macellazione solo al termine delle attività agricole.
Fu in questo momento che si notarono le molteplici qualità che la carne di manzo offriva e gli inglesi, in concomitanza con gli americani, iniziarono a condurre questa pratica ed affinare la specie per ottenere tagli di carne di qualità.
La nostalgia dei francesi
Man mano che le qualità dei tagli di carne si spandevano a macchia d’olio in tutta Europa e oltre, i cugini francesi scelsero di muoversi in parallelo e controcorrente cercando di salvaguardare alcune razze antiche che ancora oggi gli permettono di produrre alimenti particolari dalle innumerevoli qualità.
L’onda di entusiasmo tra gli appassionati si sviluppò in maniera imprevista e impellente, tant’è che riscossero un inaspettato successo tra i conoscitori e degustatori di carne di prima scelta e qualità. Tra le razze conservate ci furono: la Bazadaise, più comunemente chiamata vacca da corsa, ed il Fin Gras du Mézenc, che produce una carne particolare molto utilizzata nella cucina francese dei grandi chef.
Ieri Uru, oggi manzo
Quando si dice manzo è bene ricordare che la razza è un elemento imprescindibile per portare in tavola una pietanza di qualità.
Gli allevamenti italiani hanno una vastità tale di specie, che permettono di soddisfare le esigenze di tutti i palati. Conoscere quale razza di manzo e quale taglio di carne si sceglie è un valore aggiunto per assaporare un gusto fuori dall’ordinario.
La preferenza di alcuni allevamenti di concentrare la propria produzione su specie particolari e di altissima qualità è un elemento importante per differenziarsi dalla concorrenza e poter offrire prodotti che nulla abbiano in comune con ciò che offre la grande distribuzione.
Ecco perché la carne di Bovì è definita di prima qualità, proprio perché è ricavata da razze specifiche che sommate al trattamento di allevamento permettono di mantenere inalterati gli innumerevoli vantaggi nutrizionali.